Una storia altamurana fatta di passione e sacrifici, innanzitutto, poi talento e tante, tante pedalate
Giovanni Cristantielli nasce ad Altamura nel 1958. È figlio d’arte, viene da tre generazioni di ciclisti. Il papà Angelo, conosciuto col soprannome “ce tène ove” e, prima di lui, nonno Giovanni, comprava le uova da Bari per poi rivenderle ad Altamura: si partiva alle tre di mattina in sella ad una bicicletta in ferro pesantissima, compravano le uova e alle otto di mattina erano di ritorno per cominciare la rivendita; 100 km ogni giorno con la zavorra di galline e uova per sbarcare il lunario. In estate poi di ritorno da Bari, dopo una piccola sosta, ripartiva in gruppo con altri venditori-ciclisti per Potenza, ognuno col proprio commercio legale e non, perché c’era la fame ed il contrabbando.
È cosi che papà Angelo e nonno Giovanni scoprono la passione per la bicicletta. Angelo lascerà definitivamente il commercio di uova per dedicarsi alla riparazione delle biciclette, nella sua bottega di fronte alla Chiesa la Maggiore. Giovanni, quindi, cresce nella bottega di papà a stretto contatto con il mondo delle biciclette e subito ne rimane affascinato; sente spesso raccontare storie di ciclisti e di corse, di allenamenti fatti tutti i giorni alla mattina presto, di trofei vinti.
Non era ancora in grado di camminare, all’età di un anno, che già sapeva andare in bicicletta: era un triciclo, senza rotelle, regalo dello zio Mimmo, che lui guidava con molta sicurezza: il problema nasceva quando doveva fermarsi e mettere i piedi per terra.“All’età di cinque anni ebbi in regalo una Fausto Coppi rossa, da corsa taglia 18: questo è stato il mio inizio”. A quei tempi a Porta Bari, alle due di pomeriggio si radunavano, quasi tutti in bicicletta, gli operai per un caffè al Superbar prima di riavviarsi ai cantieri. Alcuni di loro si sfidavano e scommettevano sul più veloce con la bicicletta: il circuito era sempre lo stesso, dal Superbar giù per via stazione e la risalita da Via Bari fino al traguardo di fronte al Superbar.
Le sfide, in numero ridotto perché si tornava al lavoro, erano a due concorrenti. Giovanni uno alla volta, gareggia con tutti quei muratori; lui ha appena 8 anni loro 25, 26, 30… vincerà tutte le corse, ma il papà, ogni volta che sente che è stato al Superbar a fare le gare, sono botte.
Intanto si costituisce ad Altamura il gruppo sportivo Fiorino, dal nome di Stefano Fiorino, meccanico di lambrette, che finanziava il gruppo dei ciclisti. Il gruppo parte con 4 iscritti: Mario e Carlo Maffei, Angelo Cristantielli e Donato Cristallo.
Intanto, anche Giovanni cominciava ad allenarsi in vista dei Giochi della Gioventù che si svolgevano a Modugno. Era il maggio del ’70 e prese parte alla sua prima gara. Si presentò con la sua Fausto Coppi: c’erano 60 partecipanti, tutti più alti di lui e con bici più grandi. Indossava il numero 14 e suo padre gli disse che sarebbe stato contento se fosse arrivato entro i primi 14. Dieci km di corsa al centro di Modugno. “Al penultimo giro”– ricorda Giovanni – “pensando fosse l’ultimo, attaccai forte e staccai tutti; all’arrivo alzai le mani al cielo ma c’era ancora un giro da fare e nel frattempo in molti mi avevano superato. Nel tentativo di riprendere la testa della corsa, pedalai come un dannato ma alla fine arrivai solo quindicesimo. Avevo perso la scommessa con mio padre”. Alla seconda gara fu sesto, poi la prima vittoria a Gravina In Puglia. Suo padre gli regalò una taglia 24 (Mondiale) con cui gareggiò al campionato regionale della gioventù. I primi tre classificati partecipavano ai campionati Nazionali a Roma; arrivò 10°. Era l’anno 69/70, già esordiente e iscritto al gruppo Fiorino, cominciò ad inanellare tanti risultati utili, più di venti secondi posti senza mai vincere, un destino da “eterno secondo”.
A 13-14 anni Giovanni passa alla categoria Allievi. La prima vittoria la ottiene a San Pietro in Lama (Lecce) con il Gruppo sportivo Mastrandrea di Palo del Colle. In quell’anno ottiene cinque primi posti con tanti buoni piazzamenti e vince il campionato regionale “Coppa Adriana”. Poi nel ’76 diventa dilettante di 3^ categoria e ritorna nel Gruppo Sportivo Fiorino, con il padre Angelo allenatore. Quell’anno accumula trenta punti passando direttamente dalla 3^ alla 1^ categoria, la soglia del professionismo. Lui e altri suoi amici ci-aclisti arrivano ad un passo dal sogno di tutti i ciclisti: diventare professionisti, gareggiare con i mostri sacri del ciclismo nazionale e portare in alto il nostro Sud, la nostra città, il nome di Stefano Fiorino che tanto ha fatto per il ciclismo ad Altamura. Il ciclismo al sud però, a quei tempi, ha pochi finanziatori, pochi sponsor come si direbbe oggi, mentre al nord la cultura aziendale ha già adottato questo sport e molte promesse del ciclismo ottengono riconoscimenti in denaro che permettono loro di dedicarsi esclusivamente alle corse, di ottenere pernottamenti in alberghi il giorno prima delle gare, mentre i nostri ciclisti arrivavano alle gare magari la mattina presto, dopo due, tre ore di macchina.
Giovanni Cristantielli continua a correre e a vincere: viene invitato a far parte della squadra toscana di Ercole Baldini e quello stesso anno partecipa alle gare di ciclismo dilettantistico internazionale a Lecce, a corredo di una manifestazione più grossa che erano i campionati mondiali di ciclismo ad Ostuni. In quell’occasione ha la possibilità di misurarsi con i futuri campioni del ciclismo nazionale: Giuseppe Saronni, Baroni e tanti altri ciclisti dilettanti che poi passeranno nel professionismo. In una di quelle gare si piazza al 4° posto, mettendosi alle spalle un certo Saronni. Col passare del tempo Giovanni capisce che la strada per il professionismo passa dal numero di gare che si disputano e dalla possibilità economica di sostenere tutte le trasferte per gareggiare con i grandi del ciclismo a Milano, Firenze, Roma etc., il buon Stefano Fiorino non riesce più a sostenere economicamente il gruppo sportivo in questa seconda fase di decollo del ciclismo alta-murano. Si continua a gareggiare con altri successi alla maniera di Giovanni Cristantielli ciclista completo con lo sprint vincente in salita e spericolato in volata.,
Il ciclismo dilettantistico non riesce più a sostenersi in quanto mancano i fondi, le gare si disputano sempre con meno ciclisti fino a quando subentra una nuova categoria: i “cicloamatori’’. Questi praticano il ciclismo nel tempo libero, si allenano e partecipano a gare che sono meno lunghe ed estenuanti. Il ciclismo nella sua veste dilettantistica perde quella magia che aveva fatto sognare tanti corridori; Giovanni smette nel ‘77 quando ormai capisce che non può più ambire al professionismo. Passano due lunghi anni e, su invito del suo caro amico Gasparre, spinto dalla voglia mai sopita di salire su una bicicletta, si riaffaccia nel mondo delle corse: da cicloamatore gareggia con discontinuità fino al 2000 portando a casa cinque volte il titolo di campione regionale di cicloamatore, l’ultimo all’età di 42 anni. Nel frattempo ha messo su famiglia, ha due figlie e una moglie il cui spirito di collaborazione gli ha permesso di fare tutta questa strada. La fatica, l’emozione della strada, l’educazione alla sopportazione, il rispetto degli avversari, i sacrifici che uno sportivo deve sostenere sono tutti insegnamenti che lo sport riesce a passare a chi, come Giovanni, riesce a pedalare per ore, a fare andare la sua ruota più avanti di tutte le altre.
Oggi Giovanni, come suo padre, ripara le biciclette nella bottega in via Delle Cappelle e quando si avvicina un bambino, gli sistema la bicicletta e al suo papà gli dice: “Fa che abbia sempre una bicicletta”.
Massimo Incampo Panaro